Testimonianze astronomiche in Toscana: il grande gnomone della Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze
Uno gnomone, e' un palo, una colonna, un obelisco la cui ombra permette di
misurare la posizione del Sole in cielo. Lo gnomone, nella sua semplicita'
tecnologica, e' sicuramente lo strumento astronomico piu' antico e diffuso;
con esso si poterono ben presto studiare i due moti apparenti del Sole,
quello diurno e quello annuo, dovuti rispettivamente ai moti reali di
rotazione e rivoluzione della Terra.
Fu ben presto chiaro che l'accuratezza della misura poteva essere aumentata
usando pali sempre piu' alti, cioe' aumentando l'altezza dello gnomone.
Poiche' il Sole e' una sorgente estesa che sottende un angolo di circa 1/2
grado in cielo, l'ombra del vertice dello gnomone non e' nitida, ma sfuma in
una penombra mal definita.
Purtroppo il contrasto tra ombra, penonmbra e superficie illuminata
diminuisce rapidamente con l'aumentare dell'altezza dello gnomone e pone un
serio limite all'accuratezza che, per questa via, si puo' ottenere.
Il modo piu' efficace per aumentare il contrasto e' di sostituire l'ombra
con la luce e cioe' di usare un foro gnomonico al posto del palo, come e'
stato fatto in S. Maria del Fiore e negli altri gnomoni rinascimentali.
Se il diametro del foro e' all'incirca 1/1000 dell'altezza dello gnomone si
ottiene sul pavimento un'immagine abbastanza nitida del Sole, (immagine
stenopeica) molto piu' luminosa della superficie circostante, ma circondata,
anche in questo caso, da un alone soffuso di penombra. L'immagine
stenopeica, cosi' come il vertice dell'ombra del palo si muovono
continuamente da Ovest verso Est a causa del moto apparente diurno del Sole
ed a questo movimento regolare si sovrappone un tremolio, sempre presente,
dovuto alla turbolenza atmosferica, innescata dalle differenze di
temperatura nell'aria a varie altezze, fuori e dentro l'edificio. Non c'e'
modo di aumentare ulteriormente nitidezza e contrasto o di eliminare il
tremolio dell'immagine se non abbandonando la semplicita' tecnologica della
gnomonica e passando al telescopio. Solo nel 1700 i telescopi divengono
competitivi con gli strumenti della gnomonica e si chiude allora una pagina
gloriosa, iniziata qualche millennio prima; l'ultimo gnomone ad andare in
pensione, scientificamente parlando, pare essere prorio quello fiorentino.
In S. Maria del Fiore il foro gnomonico e' stato realizzato con una
tavoletta di bronzo (la bronzina) recante un'apertura centrale di un paio di
centimetri di diametro e posta orizzontalmente all'interno della finestra
meridionale del tamburo di cupola, a 90 metri dal pavimento.
L'altezza dello gnomone e' tale che i raggi del Sole, passanti per il foro,
colpiscono il pavimento della chiesa solo dalla fine di Maggio alla fine di
Luglio e per pochi minuti prima e dopo il mezzogiorno. In questo periodo
l'immagine solare si forma sul pavimento della Cappella della Croce, a
sinistra dell'altare maggiore, dove si trovano, sotto la protezione di
lastre di ottone, una linea meridiana finemente graduata e due marmi
circolari, uno dentro l'altro, che funzionano da contrassegni solstiziali.
Il maggiore, con un diametro di circa 90 centimetri, ha le stesse dimensioni
dell'immagine solare al solstizio d'estate.
Fino a pochi anni fa non esistevano documenti o iscrizioni che indicassero l'autore dello gnomone, la data della sua realizzazione e la problematica astronomica che si intendeva affrontare. La migliore indagine storica è, ancora oggi, quella del gesuita Leonardo Ximenes pubblicata nel 1757 come introduzione al suo volume dedicato appunto allo gnomone fiorentino. Sulla base di considerazioni cronologiche e astronomiche egli individuava in Paolo del Pozzo Toscanelli l'autore e nel 1468 la data più probabile per l'entrata in funzione dello strumento. Nel 1979 l'archivista dell'Opera del Duomo, Enzo Settesoldi, pubblica un breve articolo in cui da notizia del ritrovamento di un documento che conferma l'ipotesi dello Ximenes per quanto riguarda l'autore anche se sposta in avanti di qualche anno l'entrata in funzione. Riportiamo integralmente il documento:
Archivio dell'Opera del Duomo di Firenze
Quaderno Cassa, serie VIII-1-61, anno 1475, carta 2v MCCCLXXV
Spese d'Opera
E adí detto (16 agosto) lire cinque soldi quindici dati a
Bartolomeo di Fruosino orafo, sono per il primo modello di bronzo di libbre 23
once 4, fatto per Lui a istanza di maestro Paolo Medicho per mettere in sulla
lanterna, per mettere da lato drento di chiesa per vedere il sole a certi
dí dell'anno.
Lire 5 soldi 15
Per quanto riguarda la problematica, sicuramente lo gnomone
dovette servire ad individuare il momento esatto del solstizio e quindi a
determinare la durata dell'anno tropico e dai documenti risulta che Paolo
Toscanelli propose per questa grandezza un valore piu' accurato di quello
usato dai contemporanei. Ma uno gnomone "cosi' smisurato" poteva servire
anche per un'indagine piu' ambiziosa: determinare se l'eclittica, cioe' il
cammino apparente annuo del Sole tra le stelle, si mantiene costante nel
tempo; in termini moderni cio' significa determinare se l'inclinazione
dell'asse della Terra, sul piano orbitale, e' costante. Questa problematica
era gia' stata posta dall'astronomia araba e, successivamente, era passata a
quella europea che, proprio negli anni del Toscanelli, si stava risvegliando
da un torpore secolare. La questione e' chiaramente e ripetutamente
enunciata a Firenze fin dai primi anni del XVI secolo e nel 1510 viene
sicuramente compiuta una nuova misura, come testimonia l'iscrizione
riportata sul grande marmo solstiziale.
Successivamente a questa data si hanno solo sporadiche e talvolta
sconclusionate osservazioni astronomiche, nessuna delle quali basata su
chiari obbiettivi scientifici; anzi inizia e si protrae per quasi 250 anni
un curioso uso improprio dello strumento: ipotizzando la costanza
dell'altezza del Sole al solstizio si cerca di verificare la stabilita'
della chiesa, osservando, anno dopo anno, il ritorno dell'immagine solare
sul marmo soltiziale.
E' solo nel 1754 che si ritorna a parlare di Astronomia, quando Leonardo
Ximenes formula un preciso progetto di ricerca, chiedendo ed ottenendo
finanziamenti ed accesso alla chiesa ed allo gnomone.
Al tempo dello Ximenes si sapeva gia' che l'asse della Terra e' soggetta ad
un'oscillazione periodica con periodo 18 anni, ma non si era ancora riusciti
a dimostrare che l'inclinazione dell'asse e' anche soggetta a variazioni a
piu' lungo periodo che, nell'arco di un anno, sono estremamente piccole. Ma
cio' che e' piccolo e forse non misurabile a distanza di un anno, puo'
diventare abbastanza grande e misurabile a distanza di qualche secolo. Egli
si propone di misurare questa variazione confrontando l'altezza del Sole al
solstizio del 1755 con quella al solstizio del 1510, stabilmente registrata
dal grande marmo, sul pavimento della cattedrale.
Non e' una misura facile e lui per primo si dichiara consapevole che
qualunque risultato va verificato nel tempo, con successive misure da farsi
negli anni a venire. Inoltre la misura deve essere svincolata dalla
cattedrale e riferita ad un sistema di coordinate, accessibile da qualunque
osservatore. Per far cio' deve misurare l'altezza dello gnomone e ci riesce
con un errore inferiore a qualche millimetro su 90 metri e tracciare una
linea meridiana con la quale si possono apprezzare variazioni dell'altezza
del Sole fino al secondo d'arco.
Dopo una prima serie di misure nel 1755 e 1756 lo Ximenes torna ad usare lo
strumento nel 1764 e poi nel 1782, riuscendo a dimostrare che il fenomeno
esiste ed e' misurabile.
Muore nel 1786 lasciando i suoi averi all'osservatorio che prendera' da lui
il nome di Ximeniano, con la precisa raccomandazione al direttore di
continuare le osservazioni solstiziali allo gnomone.
Negli 80 anni successivi le misure sono scarse e discontinue e lo gnomone
cade nell'oblio. Nel 1864 il direttore della Specola di via Romana, G. B.
Donati chiede di usarlo e diventa di pubblico dominio che la bronzina non e'
piu' al suo posto, essendo stata rimossa nel 1859 nel corso di alcuni lavori
di restaturo. Ne parla la stampa cittadina e se ne interessa il sindaco che
fa pressione sull'Opera del Duomo. G. Antonelli, direttore dell'Osservatorio
Ximeniano viene incaricato di ricollocare al suo posto la bronzina che, dopo
attenta e lunga ricerca, viene ritrovata nei magazzini dell'Opera e rimurata
nel novembre del 1865, un po' piu' in alto, rispetto alla posizione
originaria ed interrompendo cosi' ogni continuita' e possibilita' di
confronto con le precedenti misure dello Ximenes.
Antonelli non esegue alcuna misura e bisogna attendere il 1893 per avere una
nuova serie di osservazioni (1893-1901), compiute dal nuovo direttore dello
Ximeniano, Giovanni Giovannozzi che, preso atto della superiorita' dei
tescopi della sua epoca, ripropone, in termini moderni, l'utilizzo delle
misure sostiziali allo gnomone per la verifica della stabilita' della
costruzione.
Il suo successore, Guido Alfani, nel 1927-28, esegue ancora altre misure,
con lo stesso scopo, e dimostra che la grande cupola e' soggetta a piccole
oscillazioni, stagionali e diurne, di natura termica. Ma ormai anche l'uso
ingegneristico dello gnomone viene meno e lo stesso Alfani sperimenta
sismografi modificati per sorvegliare, piu' semplicemente e direttamente
durante tutto l'anno, ogni piu' piu' piccola oscillazione della costruzione.
Nella consapevolezza che lo gnomone aveva ormai perso ogni sua originaria
utilita', Giovannozzi ed Alfani proposero l'estemporanea esecuzione delle
misure sostiziali come una cerimonia per conservare nella cultura memoria
dell'antico strumento, di chi lo costruì ed usò. È
questa un'intuizione
moderna che tante volte abbiamo visto verificata: conservazione materiale e
culturale vanno di pari passo, non c'e' l'una senza l'altra.
Con questo spirito gli autori di questa breve nota hanno chiesto ed ottenuto
dall'Opera il permesso di eseguire nuove osservazioni per il solstizio del
1996. Non accadeva piu' dalla meta' degli anni 70 e di nuovo l'immagine del
Sole si e' formata sul pavimento della Cappella della Croce ed ha
attraversato la linea meridiana dello Ximenes.
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* Questo scritto è stato tratto da un articolo che gli autori, Piero Ranfagni e Alberto Righini, hanno pubblicato nel numero di Ottobre 1996 di La Regione Toscana, periodico mensile della Giunta regionale, interamente dedicato all'Astronomia in Toscana.